
Analisi del risultato elettorale delle elezioni in Catalogna del 21 Dicembre
Sono passati alcuni giorni dalle elezioni seguite allo scioglimento anticipato del parlamento della Catalogna, imposto dal governo centrale il 28 ottobre. Le elezioni sono state indette come risposta al tentativo di Puigdemont di dichiarare la repubblica Catalana.
I separatisti
La forza che preme per l’indipendenza della Catalogna è composta da tre partiti: Cup, Sinistra repubblicana e Junts per Catalogna. In queste elezioni il fronte indipendentista, ha conquistato il 47,5 %, grazie alla divisione dei collegi, occuperà 70 dei 135 seggi. La maggioranza assoluta dell’emiciclo è di 68 seggi.
Junts per Catalogna è il partito del presidente in “esilio” Carles Puigdemont. Il partito ha avuto un buon successo elettorale, conquistandosi il ruolo di attore principale della transizione. Il leader in esilio ha già richiesto un incontro con Rajoy ma il Presidente spagnolo, che non lo riconosce come intermediario, ha rifiutato.
Sinistra repubblicana è un partito di stampo socialdemocratico, con una forte impronta indipendentista. Il suo leader Oriol Junqueras si trova in prigione per il supporto all’indipendenza. Marta Rovira ha ereditato il partito, ottenendo 32 seggi, configurandosi terza forza dell’emiciclo.
Cup è un partito di estrema sinistra, con una spiccata propensione per l’indipendentismo catalano. L’appoggio all’indipendenza della Catalogna, ha portato il partito a supportare le forze politiche presenti nelle Autonomie Locali spagnole. Ha il suo punto di forza nelle elezioni municipali, nelle aree autonome.
Gli unionisti
La compagine politica che vuole mantenere la Catalogna all’interno della Spagna ha ottenuto un ottimo risultato, con il 52,1 %. La divisione in collegi gli ha consentito di occupare solo 65 seggi. I partiti unionisti sono: Popolari (PP), Catalunya en Comú, Partito Socialista Operaio Spagnolo, Ciutadans.
Partito Popolare è il partito di governo. Ha portato al potere Rajoy con tutti i limiti di un governo senza maggioranza. I popolari sono il principale partito di centro-destra della Spagna. Non hanno mai avuto un gran successo in Catalogna e in quest’ultima tornata elettorale, sono quasi spariti dalla regione. In compenso la linea dura del premier, nei confronti degli indipendentisti, ha premiato i popolari nel resto della Spagna.
Catalunya en Comú è la lista con la quale si presentava Podemos, il supporto della sindaca di Barcellona Ada Colau, non è bastato . Lista di sinistra, durante la campagna elettorale si presentava in una zona grigia, no all’indipendenza, si a al referendum sull’autonomia. Trovarsi nel guado non ha aiutato Podemos che non è riuscito a replicare l’exploit elettorale del 2015.
Partito Socialista Operaio è il più antico di Spagna, in origine di stampo socialista, ora si inquadra ideologicamente tra i partiti socialdemocratici. È il partito “stampella” del governo Rajoy, ha permesso la nascita dell’esecutivo astenendosi nelle questioni di fiducia. Questa elezione non li ha premiati, anche perché la partita politica si giocava sull’indipendenza della regione, argomento sul quale il partito non si è mai pronunciato favorevole.
Ciutadans è il vero vincitore di queste elezioni, formazione creata nel 2005 per contrastare gli indipendentisti Catalani. Nato dall’idea di Albert Rivera e portato al suo miglior risultato dalla leadership di Inés Arrimadas. Grazie all’ottimo successo elettorale, è il primo partito dell’assemblea, configurandosi come principale interlocutore del governo di Madrid.
Possibili scenari
Questa situazione istituzionale può portare a tre possibili conclusioni:
- La prima vede il formarsi di un governo locale guidato dai separatisti. Prima condizione per iniziare il dialogo sarà la scarcerazione dei leader indipendentisti e un lasciapassare per l’esule Puigdemont. Risolto il problema dei leader, i separatisti dovranno decidere se cimentarsi con la secessione, rischiando lo scioglimento dell’assemblea e quindi nuove elezioni. Altrimenti potranno tentare di mediare col governo centrale una maggior autonomia della regione, restando nei canoni della costituzione.
- La seconda possibilità potrebbe essere la creazione di un governo minoritario unionista, con l’approvazione del governo centrale. Questo governo avrà bisogno almeno di due seggi per insediarsi, o dell’astensione di una parte dei separatisti al momento del voto di fiducia. Superato lo scoglio iniziale, ci si potrà mettere d’accordo con una parte dei separatisti per far uscire la regione dalla palude in cui si trova.
- La terza via, vede il mantenimento del commissario, per l’impossibilità di creare un governo stabile e che piaccia a Madrid. Costringendo l’esecutivo a indire al più presto nuove elezioni.
Per qualunque novità dovremmo aspettare la fine delle vacanze natalizie della cattolicissima Spagna.