
Mercoledì, ore 21.20- Stazione ferroviaria di Trento.
Come ogni mercoledì sera mi ritrovo a scendere dai monti dopo la mia breve settimana trentina, pronta a fuggire dal “non week-end” di una città universitaria “dormiente”.
Sì, “dormiente”perché incapace di sfruttare la vitalità giovanile.
Troppo impegnata a scalare la vetta Censis delle migliori università, UniTn non sembra altrettanto brava a conquistare il cuore dei trentini.
E così il mio mercoledì universitario lo passo in treno, verso casa: direzione Venezia- Mestre.
Ad accompagnarmi la melodia di Chopin, la “Lentezza “ di Kundera, “Burian” che non molla, i capelli sul viso e le valige. Arrivo al binario un po’ in anticipo e Trenitalia segna già il ritardo, 8 minuti. Ho solo sei minuti per il cambio a Verona: comincio a perdere la pazienza.
“Passerotto non andare via” mi distrae dal pensiero della probabile notte in stazione a Verona, è un signore sulla sessantina a portarmi la voce del grande Claudio. Controllore ciociaro di una squadra predisposta da Trenitalia per il monitoraggio delle stazioni più “a rischio”.
Trento? A rischio de ché?
Mi risponde indicandomi il viso: “problema cioccolatini”.
Ed è cosi che per la prima volta in circa quattro mesi, il mio biglietto viene controllato ben cinque volte da questa squadra di controllori “viajeros” che girano l’Italia a cavallo di un treno, inseguendo mulini “a cioccolato”.
Penso ai miei vecchi biglietti sempre così privi di attenzione e poi penso al “fortunato” di oggi, passato tra ben 10 mani, 5 persone, 5 storie, 5 parti d’Italia diverse.
Che a pensarci la strada la trovi da te, porta ad un’Italia che vuol essere, ma non è.
L’Italia del prestigio universitario e della poca quotidianità.
L’Italia dell’inesorabile ritardo del treno e della voglia di futuro dei giovani.
L’Italia dell’immigrazione e dei 5 controllori.
Un dolce-amaro, un lento-veloce, un bello-sciupato.